Salito con lui fino al secondo piano del castello, il Bardineto aveva svoltato da solo verso le stanze di madonna Nicolosina. Il cuore gli battea forte nel petto, così forte che sembrava dovesse ad ogni colpo schiantarsi. Lo compresse rabbiosamente col pugno, ma invano; quel battito gli suonava continuamente all'orecchio, e parea misurargli i minuti che ancora gli restavano a diventare il più infame degli uomini. Il tradimento consumato, la nefandità a cui si disponeva, e senza la quale il suo tradimento sarebbe stato il più inutile tra i delitti, gli turbinavano senza posa nell'anima, e, come le furie antiche, istigatrici e punitrici ad un tempo, lo incalzavano e lo inseguivano, gli toglievano il senno, ma senza levargli altrimenti dagli occhi l'immagine della sua abbiettezza.
Ma che era egli ciò, contro un'ora di vendetta e(18) di ebbrezza? Fosse pur venuta a coglierlo in quel punto la morte! Tanto, egli lo intendeva, che in quell'ora di ebbrezza e di vendetta era pieno il suo vivere.
Sul limitare della camera di madonna, si fermò titubante. L'uscio era socchiuso e la luce trapelava dal vano. Il Bardineto si fe' scorrer le mani sulla fronte, come per cacciarne l'ultima vampa di rossore, ed entrò.
Il letto a baldacchino, guernito di pizzi d'oro, scorgevasi in fondo alla camera, ma vuoto, senza alcun segno di posatura recente. Giacomo Pico, meravigliato di ciò, corse cogli occhi in giro, e là, ai piedi del letto, ove la cortina pendente dal sopraccielo impediva la via alla luce dei doppieri, immobile, bianca come uno spettro, di rincontro al tappeto istoriato che copriva la parete, gli venne veduta una donna.
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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