- Eh lo so, bighellone! Prima si manda la nespola al Borgo, e poi metteremo dentro costui. Messere dell'archibugio, - soggiunse il Picchiasodo, volgendosi al Sangonetto con una celia da camposanto, - o quanto non era meglio per voi che vi foste fatto vivo con me, laggiù, all'osteria dell'Altino? Ma già, - proseguì borbottando, - se voi foste stato un uomo di polso, non vi sareste macchiato di tradimento e d'infamia. Animo, a te, bombardiere! Avanti l'uncino, e fuoco! -
Il bombardiere obbedì, togliendo l'uncino arroventato dal braciere e accostandolo al focone. Seguì un lampo e insieme col lampo un fragore, uno schianto, come di folgore, che intronò le orecchie di tutti gli astanti e a qualcheduno fe' peggio. La palla era uscita, ma in pari tempo era andata in frantumi la canna. La signora Ninetta, la povera signora Ninetta, amore e delizia di Anselmo Campora, era andata dove vanno tutte le cose vecchie, e talvolta anco le giovani; e ben se ne avvide il suo cavalier servente, quando fu diradata la nube che lo scoppio della polvere aveva prodotta, e si udirono le strida di parecchi soldati, feriti dalle scheggie del pezzo.
- Ah, per l'anima di!.... - gridò il Picchiasodo, che non sapeva più in nome di chi bestemmiare con frutto. - Birbe matricolate! La mia bombarda! La regina delle bombarde! Vedete un po'! E stamane, poi, proprio stamane! Ma che diamine avete voi fatto? Forse nel trarla quassù l'avreste lasciata ruzzolare pei sassi?
- No, messere Anselmo; s'è portata con ogni cura e non le si è fatto alcun male; - gridarono ad una voce i soldati.
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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