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      - Già, - entrò a dire Giovanni di Trezzo, - tanto va la gatta al lardo che vi lascia lo zampino. Anche le bombarde sono mortali, e voi saprete quello che ha detto il poeta: Cosa bella e mortal...
      - Sì, sì, ho capito! - interruppe il Campora. - Questa è opera del Cattabriga, che, fedele alla sua praticaccia, mi avrà risciacquato la bombarda coll'aceto.
      Il Picchiasodo si apponeva; chè infatti il mal uso di lavar le bombarde coll'aceto era spesso cagione di simili guasti, e non tutti se ne volevano persuadere. Il Cattabriga, bombardiere a cui Anselmo Campora avea dato cagione di quella disgrazia, era lì per rispondere, chiedendo scusa al suo comandante, allorquando il Maso uscì fuori con una delle sue solite arguzie.
      - Messer Anselmo - diss'egli - credete a me, non è l'aceto. La signora Ninetta è una bombarda per bene. Ha veduto il brutto coso con cui volevate appaiarla, e al disonore ha preferito la morte. -
      Il Picchiasodo lo guardò un tratto in silenzio, come se stesse in forse, meditando la profondità dell'osservazione. L'amore per la sua povera bombarda gli diede il tracollo.
      - Tu hai colpito nel punto, - gridò, - ed ecco una osservazione che ti salva la vita. A te! ami quest'uomo? - gli chiese, additandogli il Sangonetto.
      - Come il fumo negli occhi! - rispose il Maso. - È un traditore del mio paese; faceva l'occhiolino ad una certa persona che è sempre piaciuta a me; ha fatto, come sento or ora, un'azionaccia... Come volete che io l'ami?
      - Ti sentiresti di fartela con lui?
      - Perdio!


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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