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      - Ah, diamine, eccoli là nel torrente! - Incespica! - Chi? - Il giovinotto, perdiana! Ma ecco, si rialza; non s'è fatto nulla. - E quell'altro, vedete un po'! Già, la fortuna aiuta i bricconi. Piglia la via della Caprazoppa. - E qual'altra volete che pigli? Se va al Borgo, è un uomo spacciato. Se volta a tramontana, intoppa nel battifolle di Gorra. - O come? Non si vede già più? - Lo nascondono quei massi sporgenti. Guardatelo ora, là tra quei due cespugli, che s'inerpica. - Ha da essere stanco la parte sua. Ma l'altro, dov'è? - Guardate è là sotto, a cento passi più giù. - Lo perde! - No, non lo perde. Vedete? lo fiuta da lunge, e si rimette sull'orma. -
      Questi i ragionari dei soldati, lungo la costiera occidentale di castel Gavone. Intanto, era vero che il Sangonetto aveva fatto ogni poter suo, e che il petto non gli reggeva più oltre a sostener quella gara mortale. Giunto a fatica presso uno di que' massi biancastri che sporgono fuor della ripida costa, sotto la roccia dell'Aurèra, si gittò per morto a rifugio entro una fratta di arbusti e sterpi intralciati. Colà ristette, trattenendo a forza il respiro, sperando che il suo nemico avesse smarrito la traccia.
      E ciò temettero dal canto loro i soldati genovesi. Il Campora già si pentiva di aver fatto al briccone un così largo partito. Ma poco stante comparve il Maso al piè dello scoglio; i soldati lo videro star perplesso un istante, indi con passo guardingo inoltrarsi, strisciar quasi a mo' di serpente lunghesso i fianchi scoscesi del masso.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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