Tu ami lo spazio libero, le vie larghe davanti a te, dove fretta di contemporanei non faccia di gomito e non incalzi alle spalle, avida di scavalcare, impaziente di giungere. Laggiù eravamo assai meno a correre; e nessuno, o mio Stefano, ti contendeva il posto d'onore. Quello era il buono; tutto l'altro, e l'istessa vita, quanto è lunga, non vale, il bel sogno che possiamo evocare, a ristoro dell'anima. Ed io ti evoco qui, non una storia di fatti, che troppo sarebbe per me, ma una serie di grate sensazioni, con la visione assidua del divino Garibaldi e il calor vivo della sua benevolenza paterna.
I.
Come si esce da Genova. Gerolamo Costa e Giovan Battista Parodi. Dalla "bella Ninin".
Queste sono note di viaggio, non vogliono essere altro che note, tirate giù alla buona, frettolosamente, finchè la memoria aiuta, per non perdere il filo delle cose vedute, per aggiungere qualche ricordo personale, col suggello del vero, a più nobili e più ordinati racconti.
Si va a Roma, lettori, o si tenta di andarci. Il viaggio, come sapete, prima del Settanta era piuttosto difficile. C'erano troppi, e potenti, che non volevano andar essi, e lo proibivano con tutte le forze loro a chi ne aveva voglia; donde stiracchiamenti, urti, malumori, guerre in famiglia; insomma, una vita da cani. Rallegriamoci che le cose si siano un bel giorno mutate, o non ci fermiamo a ragionarne di più.
Per le necessità del racconto vi dirò solamente che nella estate del '67, tra coloro che non volevano lasciarmi partire da Genova per andare a Roma, c'era il conte Nomis di Cossilla, prefetto, e il cavalier Verga, questore; due ottime persone, ma cocciute a quel modo.
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