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      Bisognava andare, andar subito; ma come?
      Alla spicciolata, sicuramente. Ma anche alla spicciolata, bisognava indovinare la strada buona. Per Alessandria e Bologna si andava speditissimi, aiutando il vapore: ma alla stazione di Genova vigilavano guardie e carabinieri; le facce garibaldine erano presto riconosciute e cacciate indietro senza misericordia. "Lei non andrà, e i suoi amici nemmeno"; lo aveva detto il cavalier Verga, e manteneva la parola. Quanto alla via di mare, le stesse difficoltà; ogni visita a bordo dei vapori in partenza per Livorno e per Napoli, rimetteva a terra i viaggiatori sospetti. Per uscire da Genova restava la via più lunga, quella di Chiavari, dove non si andava ancora in istrada ferrata. Ma le diligenze avevano l'ufficio e lo scalo in piazza San Domenico: ad ogni partenza la questura visitava il registro dei viaggiatori, assisteva all'imbarco, fiutava la sua gente, e non c'era verso d'ingannarla con barbe finte, con parrucche gialle, con occhiali verdi, o con altre invenzioni dell'antico repertorio.
      Pure l'amico mio Antonio Burlando, con cui avevo fatto conto di partire, non disperò di trovare una gretola. - Vedrai che si va, - mi disse, - e per la via di Chiavari, in barba al signor Verga. Lascia fare a me; ho il mio piano in testa.
      Il piano del mio maggiore non istette molto a venir fuori. La mattina del 12 ottobre, due amici suoi, saviamente scelti con due cognomi dei più comuni a Genova, un Costa e un Parodi, andavano ad iscriversi per due posti di coupé nella diligenza di Chiavari.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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