All'ora della partenza, sotto gli occhi dei vigili, capitavano con le loro valigie, che erano poi le nostre, e le facevano caricare sull'imperiale. Noi, proprio allora, passeggiavamo in piazza San Domenico, per dare un'occhiata al giuoco, ma non senza riceverne un'altra, abbastanza canzonatoria, da un delegato di pubblica sicurezza, che aveva l'aria di dirci: "passeggiate, voi altri; da Genova non si esce."
E noi passeggiavamo, chetamente muovendo per via Carlo Felice fino alla piazza delle Fontane Morose. Ma lā, presa una vettura da nolo, ordinavamo al cocchiere di condurci per Santa Caterina agli archi dell'Acquasola, in via Serra, in via Galata, a porta Romana, all'inferno, purchč si facesse alla svelta.
Gerolamo Costa e Giovan Battista Parodi, i due amici del coupé, dovevano trovarci in Bisagno, al ponte della Pila, o pių lontano, secondo i casi; al colmo della salita di San Martino, a Sturla, o pių in lā, pronti a prendere i loro posti in diligenza. Si adattavano anche a fare un viaggio pių lungo; per render servizio a noi sarebbero andati magari a Nervi, a Recco, a Rapallo; fino a tanto non ci vedessero in mezzo alla strada provinciale, avrebbero continuato, anche col rischio di giungere a Chiavari. Gran rischio, finalmente! La cittā era cosė bella, e si stava cosė bene all'albergo della Fenice!
A noi parve che Sturla, col suo ponte sul fiumicello omonimo, nč troppo vicino nč troppo lontano da Genova, fosse il luogo pių adatto per aspettare la diligenza e darle l'assalto.
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