Non tutti i ricordi della fermata a Chiavari son lieti come questo. Ci fu anzi un momento, che, per dirla col poeta, mi si drizzaron "le chiome sul crin." La diligenza, entrata in città, si era appena fermata davanti all'ufficio dei biglietti, che due persone si affacciarono allo sportello del coupé, domandando:
- Son qui i signori Costa e Parodi?
- Ahi! - diss'io dentro di me. - Notizie della questura. -
E cercai nell'ombra il viso dell'amico Burlando; il quale, mosso certamente dallo stesso pensiero, mormorò tra i denti:
- Ci mancava anche questa! -
Ero il più vicino ai due sconosciuti;
perciò
mi rivolsi loro e parlai io.
- Che cosa chiedono? Costa e Parodi siamo noi per l'appunto.
- Abbiamo - risposero - due telegrammi da Genova.
- Assassini! - borbottai dentro di me. - Basta, qui bisogna far grinta dura;
Ogni viltà convien che qui sia morta.
Così dicendo, o pensando, stesi la mano per prendere i due telegrammi che quei signori ci offrivano.
- Lo fanno almeno con garbo; - soggiunsi, parlando sottovoce all'amico. - Vedi? ci mostrano anche gli ordini superiori che hanno ricevuto. -
Ma i due telegrammi erano chiusi tuttavia; non si trattava dunque di ordini superiori. Il signor Bolentini, posto mano ai fiammiferi, aveva cortesemente acceso un torchietto, alla cui luce potemmo aprire le buste e leggere i due telegrammi. Essi dicevano con poche varianti la medesima cosa; si trattava di una notizia particolare, giunta a Genova dopo la nostra partenza, ed era un amico che ce la mandava in due edizioni, una a Gerolamo Costa e l'altra a Giovan Battista Parodi, ai viaggiatori nel coupé della diligenza di Chiavari.
| |
Chiavari Costa Parodi Burlando Parodi Genova Bolentini Genova Gerolamo Costa Giovan Battista Parodi Chiavari
|