Ne uscivamo con la paura: ma vi so dir io che per la mia parte ne ebbi moltissima. Animo! esclamai. Questo è di buon augurio; se alla stazione diFirenze le guardie daziarie non ci rovistano troppo le valigie, trovando le nostre rivoltine, si giunge in porto senz'altre avarie.
Alle due dopo la mezzanotte eravamo alla Spezia; alle quattro, in istrada ferrata. L'aurora con le rosee dita ci dipinse vagamente la campagna circostante, da Arcola fino alla Magra. Toccavamo le soglie dell'Etruria; andando oltre salutammo Carrara e Massa, nascoste lontano dietro il rialto delle verdi campagne, ma indicate abbastanza dalle creste dell'Alpi Apuane e dalle arsicce costiere ferrigne, le quali per larghi solchi biancastri lasciano indovinare i marmi che portano nel fianco. Quanti numi sono usciti di là! quanti eroi! quanti grand'uomini! E quanti ce ne sono ancora rinchiusi, pigiati in quelle vene profonde, i quali non domandano altro che di poter uscire alla luce del sole! State cheti, o grand'uomini futuri. A farsi corbellare c'è sempre tempo. Dormite nel limbo delle montagne natie, dove non è beffardo sogghigno di contemporanei, nè beata indifferenza di posteri.
A Pisa, dove ci fermammo mezz'ora, mi piacque il campanile del Duomo e una bistecca; quello divorato cogli occhi passando; questa coi denti al caffè della stazione. Qui, tra un boccone e l'altro, feci conoscenza con un vicino di tavola, il quale venne poi nello stesso compartimento con noi, e diventammo amici, come uomini che si conoscessero da quarant'anni e contassero di vedersi per altri quaranta.
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