La divina creatura se ne sta mollemente adagiata sulla tela, e non ha nessuna voglia di balzarne fuori. Fa bene, perbacco, che altrimenti i signori uomini, con la loro molesta assiduità, non le lascerebbero un minuto di pace.
Seduta su d'una scranna, quasi nel mezzo della sala, per modo da poter guardare la statua e il dipinto, la Venere greca e la Venere italica, stava una giovine signora, che alla serena libertà degli atti, alla capricciosa foggia delle vesti, si riconosceva facilmente per una figlia d'Albione. Bianca nel viso come alabastro; lunghe le ciglia, che velavano a mezzo i grandi occhi d'indaco; corallo tenero le labbra; ala di corvo i capelli.... Dio! stavo per fare un ritratto di maniera, e quel che è peggio, senza rassomiglianza, poichè io non ho posto due volte gli occhi sull'originale.
Ce li aveva posti bensì, e non li aveva più tolti di là, il mio amico Giovannetti,
- Vedi le tre Grazie? - diss'egli a me e al marchese di Pietramellara, un altro amico e compagno d'armi combinato in piazza quel giorno.
- Dove, le tre Grazie?
- Qui dentro; la statua, il quadro,e la signora inglese.
- Ah, vorrai dire le tre dee del monte Ida; - rispose il Pietramellara,
- A quale daresti il pomo, Ludovico? - chiesi io.
- Alla viva, che diamine, alla viva; - replicò il Pietramellara. - E tu?
La figlia d'Albione capiva benissimo l'italiano. Me ne avvidi al color delle fragole che le tinse i miti alabastri. La bella accostò con atto impacciato l'occhialino alle lunghe ciglia, per guardare non so bene se il quadro o la statua: stette ancora pochi secondi seduta, non so se per aspettare la mia risposta, o per dar tempo al suo rossore di dileguarsi; quindi si alzò, e, senza voltarsi neanche di profilo dalla parte nostra, se ne andò verso il fondo della sala, a raggiungere la sua comitiva.
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