Vedete che sono discreto.
Innanzi di proseguire il racconto, ricorderņ il vicino paesello di Gazzane, dove mi capitņ di vedere una vecchia casa nello stile del Cinquecento, scialba e malinconica, sulla cui facciata, all'altezza del primo piano, era murata una lista di marmo, sulla quale si leggeva incisa a grossi caratteri questa dolente apostrofe della Sacra Scrittura: "O vos qui transitis per hanc viam sistite et videte si est dolor sicut dolor meus."
Che cosa significavano quelle parole di colore oscuro? Ne chiesi al mio arciprete; ma egli non seppe dirmene nulla. Un dubbio mi venne alla mente, pensando che in quei luoghi doveva esser nato un gran letterato umanista del secolo XVI, morto a Genova di mala morte, il Bonfadio. Sarebbe questa la sua casa? Č un padre desolato, od un figlio, l'autore della iscrizione? Nč allora ebbi tempo, nč ora, che mi ricordo, ho modo di sincerare la cosa.
Ma ritorniamo ai fatti nostri. Il terzo giorno del nostro accantonamento (che ne durņ sei, come la tregua, mutata poi in armistizio) lo stato maggiore mi chiamava a Storo, per difendere davanti al tribunal militare tre buone lane di soldati, uno dei quali aveva rubata una camicia, l'altro una borsa da tabacco, e il terzo aveva fatto qualche cosa di peggio. Da San Pietro in Liano a Storo il cammino era lungo; non mi piaceva di rifare tutta la val Sabbia a cavallo, volendo dare un onesto riposo al mio Beppo, ottimo stallone pugliese, il quale da tanti giorni non aveva fatto che correre dalla mattina alla sera, e per troppo grami sentieri.
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