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      Venendo lui, maggiore di grado, mi avrebbe conciato a quel dio. Questo non lo diceva, il caro fornaio; ma gli si leggeva negli occhi, che brillarono di contentezza all'arrivo del capitano.
      Io mi sentii rimescolare il sangue. Per me stava il diritto; ma pensavo che il superiore ha sempre ragione, anche quando ha torto, e che, se il capitano voleva pigliarsi il calessino, non aveva da far altro che mandarmi su due piedi agli arresti.
      Il fornaio mi guardava con tanto d'occhi, per vedere come avrei saputo cavarmela.
      Ci voleva giudizio. Misi mano agli artifizi oratorii, e incominciai:
      - Capitano, io sono il tal di tale, e, come ho l'onore di dirle, sono chiamato in servizio a Storo, dove bisogna ch'io mi trovi infallantemente...
      - Per domattina alle dieci; - aggiunse il capitano, compiendo la frase che mi aveva interrotta. - Lo so; anch'io vado a Storo per servizio, essendoci chiamato come giudice al tribunale militare.
      - Ed io come avvocato; - replicai. - Debbono i miei clienti restare senza difesa?
      - Tolga il cielo che io voglia condannarli, senza che possano far valere per bocca sua le loro ragioni. Vuol farmi una grazia? Salga con me sul calessino, che questo amicone mi fa costare un occhio del capo. -
      Il cuore mi si allargò a quell'offerta, e fui pronto ad inchinarmi.
      - A proposito d'occhi, - soggiunse il capitano, - io son miope. Se la porterò in un fosso, non vorrà mica farmene colpa? Del resto, se vorrà guidar lei....
      - Capitano, - risposi, mettendomi volentieri sul suo tono, - io di notte non vedo un albero alla distanza di cinque metri.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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