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      Intendiamoci bene, io non sostengo le ragioni di quella moltitudine. A far le schioppettate si va come si può, e quando non c'è modo di giungerci con le proprie forze, credo sia buon partito restarsene a casa. Noto il fatto, nient'altro; e lo noto per venire a raccontare che noi al comitato non andavamo per chieder quattrini, ma solamente consigli intorno alla via più spedita da tenere, per dove fosse maggiore il bisogno, e, caso mai il confine fosse troppo gelosamente custodito dal nostro governo, avere ricapiti di gente amica che ci aiutasse a sconfinare.
      Volete credere? Non ci fu verso, neanche dando i nostri nomi, di penetrare nell'adito sacro. Evidentemente, era quello un giorno in cui la Pizia non aveva nulla da dire, impacciata la sua parte anche lei. A me non dolse tanto di ciò, quanto di vedere tra quei cerimonieri dell'anticamera un tale che pochi giorni prima avevo aiutato a partire da Genova, e che laggiù a Firenze mi faceva l'uomo dei misteri, il segretario di stato. Gratitudine umana, io ti conosco da un pezzo. Ma ohimè, conosco anche la sciocchezza umana; e la pratico religiosamente, continuando a fidarmi.
      Rimasti così in balìa di noi medesimi, ci raccogliemmo a consulta, il maggiore Burlando, il Pietramellara, io e parecchi altri colleghi, il nostro ragionamento fu questo: Garibaldi verrà fuori della Caprera; l'amico Canzio lavora intorno a questo negozio difficile, e ne verrà certamente a capo. Ora, se il Generale giunge ad afferrare la terraferma, da che parte andrà egli?


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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