Ninfa venale! L'amico l'aveva chiamata "bella, ma sudicia"; e lei subito era corsa a lavarsi il viso e le mani in un rigagnolo, per ritornare ora con un pezzo di stalattite, ora con un mazzetto di fiorellini selvatici; cose tutte che dimandavano soldi, e poi sempre soldi.
E il peggio era questo, che ad ogni soldo dato a lei per levarcela dai fianchi, saltavano su tutti gli altri marmocchi, gridando:
- E a me, signorino, non me date più gnente? Barbara ha avuto sette soldi; io ne tengo appena cinque, ne tengo.
- Che il cielo vi benedica, graziosi ragazzi! levatevi una volta da romper le tasche; - rispondevamo noi. Il cicerone, più latino di lingua, soggiungeva:
- E annate 'na vorta, che possiate morì' d'accidente! -
Ma l'aiuto del cicerone non andava più in là d'un semplice augurio.
VI.
Da Terni a Rieti, e da Rieti a Condigliano. L'eureka dello stomaco. Le spose Sabine.
I cittadini di Terni non si lagnano della loro cascata, che chiama nel loro paese tanti illustri e non illustri curiosi. Ma ben si lagnarono i loro padri, gl'Interamnensi, quando il famoso taglio di M. Curio Dentato mandò loro quella grazia di Dio, facendo straripare nei loro campi la Nera.
Si richiamarono un giorno a Roma, e Roma locuta est. lì Senato mandò loro una commissione, cioè, scusate, un console e dieci legati, perchè sentenziassero. I Reatini, che conoscevano a quanto pare le commissioni giudicanti, e non volevano saperne di ripigliarsi il Velino a far palude sul loro altipiano, cercarono un bravo avvocato, e posero a dirittura la mano sul miglior che ci fosse, Marco Tullio Cicerone; il quale, non pure li difese strenuamente, ma vinse la lite.
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