Ci serviranno per andare fino a Torricella. - Perchè no? Ma chi me li rimanda a casa? - domandò egli, con un astuto sorriso che preparava un rifiuto.
- Bravo! tu stesso, che verrai ad accompagnarci; e noi ti caricheremo d'oro. -
La frase era degna dell'Achillini; ma io, che avevo adocchiate le due rozze e che amavo di viaggiar meno male che potessi, intendevo di fargli capire che non si sarebbe lesinato sul prezzo.
Egli stette un momento sovra pensiero; guardò noi, quasi per leggerci negli occhi se eravamo o no galantuomini; poi guardò Barbara, che meno dubitosa di lui (già le donne valgono assai più degli uomini) gli disse con accento sicuro:
- Va; questi figliuoli son buoni. -
Mezz'ora dopo eravamo in marcia alla volta di Torricella, per quella orrida e pantanosa scorciatoia che v'ho detto, nella quale molti dei nostri amici lasciarono a dirittura le loro cittadinesche calzature. Il maggiore e io eravamo a cavallo; ma da buoni amici scendemmo più volte di sella, per mandar su qualche inzaccherato collega.
Come a Dio piacque, si uscì da quella gora fangosa: ma sulla via provinciale ci aspettava una pioggia fitta fitta, che ci accompagnò fino a San Giovanni Reatino. Colà fu necessario far sosta, poichè il cielo si metteva a burrasca, e la gente non si poteva più reggere in piedi, inzuppata com'era e flagellata da un vero diluvio.
VII.
La bella gigantessa. Fermate ed ansie di Torricella. Giungono i fucili e passa Garibaldi.
I terrazzani di San Giovanni Reatino stavano al riparo sotto le basse volte dei rustici portoni, o nel vano delle finestre, a guardare con aria tra curiosa e pietosa la nostra marcia, o, per dir meglio, la nostra navigazione.
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