Noi, sulle prime, non pensavamo affatto a fermarci. La guida di Condigliano ci aveva detto che a Torricella si poteva giungere quella medesima sera; e noi, anche a risico d'immollarci fino al midollo delle ossa, volevamo guadagnar terreno. Non erano della stessa opinione i cavalli; i quali, tra per l'acquazzone che li colpiva di fronte e per aver fiutato il soave odor di fieno, s'impuntavano in mezzo alla strada e sparavano calci ad ogni stratta, ad ogni colpo di tacchi, che noi davamo con molta costanza nei fianchi a quei ribelli cornipedi.
Povere bestie, dopo tutto! parevano dirci con quella mimica: "Per chi ci avete voi presi? Sta bene a voi di andare in perdizione, se vi pare; ma alle bestie non si deve chiedere più di quello che possono dare. Ed anche a voi, per l'anima di Chirone, uomo e cavallo, dovrebbe piacere una bracciata di fieno nella mangiatoia e un po' di paglia per riposare al coperto. Fermiamoci, via, non sarà poi un gran male."
Intendemmo il ragionamento dei due cavalli; udimmo le voci dei terrazzani, che ci gridavano d'ogni banda: "fermatevi qui, giovinotti" e deliberammo di contentar gli uni e gli altri, non senza aver chiesto da prima se in quel paesello ci fosse un luogo da ricoverare i nostri compagni. - Sì, c'è il luogo, e paglia in abbondanza; - risposero.
- Bene, pernotteremo a San Giovanni Reatino; venga il sindaco, o l'assessore anziano, e provveda a queste poche cose che ci bisognano. -
Il ragguardevole personaggio che noi chiedevamo fu pronto a capitare, ed allogò la nostra gente in una chiesuola, con quanta paglia occorreva.
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