Ma già s'indovina che pochi rimanessero colà. Dieci minuti dopo aver posto il piede nell'alloggiamento comune, la più parte se n'erano trovato un altro alla spartita, nelle case di quei buoni contadini; e la stipa crepitava in tutti i focolari, sotto a tutti i paiuoli, a tutte le padelle, a tutte le cazzaruole di San Giovanni Reatino.
Quanto a noi, finito di pensare agli altri, ce n'eravamo andati in una osteria che il Bernardini aveva adocchiata fin da principio, e dove già stava preparando la cena. Quell'osteria mi è rimasta in mente a cagione della fantesca, stupenda per bellezza colossale di forme, che la facevano parere una statua, anzi che una donna di carne e d'ossa.
Costei se ne stava ritta sull'uscio, appoggiata allo stipite, cogli occhi volti all'orizzonte; e pareva non voler dare ascolto alle cose gentili che le andava bisbigliando all'altezza dell'omero un cosettino tant'alto, mingherlino e scialbo, vera figura di Momo accanto a Giunone.
Seppi più tardi da Barbara (si chiamava Barbara anche lei) che quello era il suo damo, o, per dir più esatto, il pretendente alla sua mano. E mi parve uomo di buon gusto, quel cosettino tant'alto; ma pensando ora al caso suo, non posso lodare egualmente il suo senno. Barbara era una gigantessa, al paragone di lui: s'egli ha ottenuta la sua mano, badi a non sentirsela addosso. Guai al poveraccio, se Barbara un giorno va in collera! guai se lo ama troppo fortemente! perchè in ognuno dei due casi, egli è un uomo spacciato. Nel primo, me ne fa una frittata; nel secondo, un lucignolo.
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