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      Ludovico di Pietramellara era il duce; con lui era un nuovo venuto, genovese, Lorenzo Manari.
      Dati pochissimi istanti agli abbracci e alle strette di mano, chiedemmo che cosa ci fosse nei carri.
      - Trecento fucili; - risposero gli amici; - un po' di cartucce, qualche coperta di lana e alcune paia di scarpe. -
      Come aveva potuto venire quella grazia di Dio? come piovere a noi quella manna dal cielo? Le nostre prime lettere agli amici di Genova non erano state scritte invano. Giovanni Fontana, Alessandro Piatti e gli altri egregi colleghi del comitato genovese si erano affrettati a comprare quanti fucili avevano potuto trovare in città, e ce li avevano spediti, incaricando dell'accompagnamento il capitano Manari, che veniva egli pure al confine. Giunto a Terni colla preziosissima merce, Lorenzo Manari aveva trovato il vigile Pietramellara; ambedue capitavano il giorno appresso a Torricella, non senza aver prima ottenuto dal comitato di Terni le munizioni occorrenti e quel po' di roba che c'era nei magazzini.
      Il Manari portava inoltre una lettera, da Firenze, che lo nominava intendente dei volontari per tutta la riva sinistra del Tevere.
      Pensate la nostra allegrezza. Oramai si poteva metter mano a formare un battaglione e allestirci per l'andata al confine. Tosto si deliberò che la mattina - - - - - vegnente si spartissero gli uomini in tre compagnie: frattanto, poichè si diceva in paese essere il confine gelosamente custodito da forte nerbo di soldati, il Pietramellara sarebbe andato nella notte a Scandriglia, per pigliar lingua, e ritornar sollecito a noi con le notizie opportune.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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