L'amico accettò volentieri l'incarico e partì. Noi, chiuse le armi e le munizioni in casa, e poste le sentinelle a custodia, ce ne andammo a letto. Era l'ultima notte che dovevamo dormire tra le lenzuola, e bisognava approfittarne.
Ma ohimè! era scritto lassù che quelle poche ore di quiete ci fossero turbate, amareggiate da una triste notizia. Morfeo scuoteva ancora mollemente sulle nostre fronti i papaveri del primo sonno, allorquando verso le due dopo la mezzanotte, una delle nostre sentinelle venne a destarci, conducendo nella camera un contadino arrivato da Scandriglia con un biglietto per noi.
Lo leggemmo alla fioca luce d'una candela di sego, coi gomiti appuntati ai guanciali. Era il Pietramellara che ci mandava pochi versi a matita, mezz'ora dopo esser giunto a Scandriglia.
- Perdio! - esclamò il maggiore Burlando, dopo che ebbe guardato lo scritto, e nell'atto di passarlo a me.
Lessi anch'io, ma mi parve di aver letto male. Mi stropicciai gli occhi e lessi da capo, quindi tornai a leggere ancora. Erano cattive notizie. Gl'insorti, per difetto di munizioni e di viveri, non potevano tener la campagna. Però, sperando di rifornirsi, erano venuti al confine; ma non potendo raccogliersi dentro Scandriglia, dov'era già a quartiere un buon numero di soldati regolari, avevano dovuto sparpagliarsi in piccoli drappelli nelle vicinanze del paese; non così lontani tuttavia gli uni dagli altri, che non si potesse in breve ora adunarli.
L'annunzio ci riuscì doloroso oltre ogni credere. Ecco, dicevamo tra noi, ora che abbiamo le armi, non possiamo andare più avanti.
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