Egli intanto, sia che abbia presa troppo alla lettera la nostra raccomandazione di condurci per la via più breve, sia che voglia fare una piccola vendetta della inattesa passeggiata che gli è imposta da noi, ci fa prendere un sentiero da capre, su pei meandri d'una scogliera che non promette niente di bene, specie a quell'ora tarda, con le ombre così pronte a calare dai monti, e con una certa nebbia egualmente pronta a salire dal fiume. Ancora una mezz'ora di quella salita, e siamo in una nebbia così fitta, che si dura fatica a vederci due passi discosto. Ad un certo punto dell'erta, lo stretto sentiero gira intorno ad una rupe, e non manca nemmeno una di quelle soluzioni di continuità che son cagionate dalle piogge in tutti i sentieri di montagna. La rottura non par troppo vasta, ma per contro appare profondo l'abisso. Ci vuol pazienza; bisogna passare di là. Ma come fare, coi fucili, che impediscono agli uomini di aiutarsi colle mani lungo le pareti della roccia? Il maggiore salta per il primo e si volge a prendere il fucile d'un soldato che lo segue; questi a sua volta prende il fucile del compagno; e così via via, ad uno ad uno, passano tutti trecento, senza capitomboli, senza perdita d'armi, che fu veramente un miracolo.
La difficoltà del passo e la nebbia che c'impedisce di approfittare dello scarso lume "onde son pie le stelle," ci fanno perdere un'ora in quel primo intoppo. Per colmo di sventura, usciti di là, entriamo in una forra, che ci mena diritti alle spalle di un nero edifizio, in cui Ludovico di Pietramellara non istenta a riconoscere la temuta Osteria Nuova.
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Ludovico Pietramellara Osteria Nuova
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