Poveri amici!
Il fuoco era cessato, o quasi. Seguiva un momento di sosta, nell'attacco e nella difesa. In battaglia, si sa, la munizione si serba volentieri per i momenti decisivi. Garibaldi (lo seppi poi) approfittava di quell'ora per dar le disposizioni opportune ad impedire che una colonna di Pontificii uscita da Roma, venisse in soccorso ai difensori di Monterotondo. L'operazione gli riuscì magnificamente. Nè altro io ne dirò: queste note son di viaggio, e di carattere personale; accennano episodii, aneddoti, cose vedute e sentite; non hanno e non possono avere la pretesa di raccontare una guerra.
Anzi, se permettete.... Ma no, non vorrei farvi perdere lo spettacolo di quella sera, di quella notte e della mattina che seguì, indimenticabili tutte. È un quadro, rimasto intiero nella mia mente, un quadro maraviglioso, strano, a luce rossastra, come certi finali di azioni coreografiche, dove i fuochi di Bengala confondono e trasformano, ingrossano a proporzioni fantastiche uomini e cose. Non ci rinunzio, adunque; racconterò. Ma badate, non è la storia delle operazioni ch'io faccio; sono i ricordi miei che metto in carta, le mie sensazioni che esprimo.
X.
La gran notte di Monterotondo. Ritratti garibaldini. Il capitano Uziel.
Lassù ai Cappuccini, e poi alla cascina Villerma dove ci mandarono a far campo, si rimase lungamente in attesa, d'ora in ora aspettando l'ordine di marciare. A romper la noia veniva di tanto in tanto qualche schioppettata, con cui gli Antiboini (chiamati allora gli Antiboiani da tutto il nostro piccolo esercito) tenevano l'occhio in esercizio.
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