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      Io sono di quelli a cui il dir bene della gente, quando n'è il caso, non ha mai l'atto nodo alla gola.
      Dov'eravamo rimasti? Ah, coll'ufficiale venuto a recarci istruzioni. E piacevoli, infatti, poichè si trattava di muoverci. L'assalto era stabilito per quella sera, sempre dalla parte del castello e della porta Pia che gli stava da presso, un po' verso tramontana. Anche il borgo di Monterotondo aveva la sua porta Pia, come Roma, e con uguali destini.
      Ma qui non sarà inutile uno scampoletto di descrizione. Monterotondo, il Mons Eretum degli antichi, ricco di forse duemila quattrocento abitanti, ricordevole a me per aver dato i natali a Raffaello Giovaglieli, mio buon compagno d'armi e di penna, sorge alla sinistra del Tevere, presso la strada ferrata che da Roma conduce ad Orte, e comanda la carrozzabile che volta risalendo per Rieti; quella stessa che noi avevamo fatta a ritroso. È rafforzato di mura dalla parte dei monti, e ci ha due porte, la Pia che ho accennata, e l'altra, assai vicina, che mette al piazzale del castello Piombino; così detto perchè oggi appartenente ai Boncompagni Ludovisi, principi di Piombino. Ma in altri tempi era dei Barberini, il cui stemma, azzurro seminato di api d'oro, vi è ripetuto dentro, per tutte le grandi sale, sulle pareti, nelle fasce sovrapposte, e credo anche nei soffitti. Dall'altra parte, verso il Tevere, non ci sono più mura; il borgo scende a ripiani di casupole e d'orti pensili verso un burrone, al cui piede corrono fossatelli, sentieri e tragetti fino alla stazione della strada ferrata.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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