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      Noi avremmo potuto attaccarlo di là, donde non era murato: ma del non appigliarci a quel partito c'erano parecchie e buone ragioni: aspra la salita; frastagliato, anfrattuoso il terreno; ogni scaglione difendibile con mezza squadra d'uomini, che avrebbero fatto per cento. Inoltre, con pochi drappelli, non ancor battaglioni veri, e già embrioni di colonne, ma composti per la più parte di gente nuova al fuoco, Garibaldi giustamente temeva che troppi non si sbandassero all'assalto. Quella stessa mattina anche ad attaccare dalla parte del castello, dove tutti gli uomini si potevano invigilare e tener quasi sotto la mano, non se n'erano forse sbandati parecchi? Noi li avevamo pure veduti, gli otto o dieci fuggiaschi!
      Ed ora, al racconto. Guidati dall'ufficiale al posto che ci era assegnato, non andammo diritti verso il nemico, ma con una contromarcia in mezzo ai vigneti riuscimmo alle spalle dei Cappuccini. Scendevano frattanto le ombre della sera, e noi potevamo vedere i lumi che via via si accendevano nelle stanze del castello, e negli ultimi piani delle case vicine. Ad un certo punto l'ufficiale ci disse: - È là; accostatevi quanto più potete alle mura, ma senza strepito, che il nemico non si senta guardato da quella banda, donde forse tenterà di fuggire col favor della notte, e dove voi dovrete inchiodarlo.
      Questo ed altro che ci aveva detto l'ufficiale, bastò al maggiore Burlando per distribuire le sue forze. Una compagnia prese a destra, per collegarsi col battaglione Tanara che occupava una casa in costruzione, davanti all'ingresso del castello.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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