Al rombo del cannone in lontananza, Giuseppe Uziel intese che si combatteva nella direzione di Tivoli, e il cuore gli soggiunse che avremmo vinto. Quattro ore più tardi, il fischiar delle palle fino a Monterotondo, lasciò capire al ferito che i suoi compagni d'armi avevano pur fatto una resistenza vigorosa, ma che la giornata era perduta, e il nemico alle porte del borgo.
E allora, in un impeto d'amor patrio, tentò sollevarsi per la prima volta dal letto. Voleva la sua rivoltina, la voleva ad ogni costo.
- Là.... alla finestra! - gridava. - Trasportatemi là; voglio morir là.... facendo l'ultimo colpo. -
Ed era già sceso a mezzo; ma le forze estenuate non corrisposero all'animoso proposito. Ricadde inerte sul letto, col rantolo in gola. L'agonia di Giuseppe Uziel era incominciata: tre giorni dopo, il valoroso carabiniere genovese era morto.
XI.
Un fraticello domenicano. I casi sacri di Fornonuovo. Da Fidene alla Cecchina.
Continuerò? La tentazione è forte; ma è pur grande la riluttanza. Nondimeno, ci sono ancora dei ricordi buoni: raccontiamo dunque, alla svelta.
Quel giorno, il 26 di ottobre, era stato speso nei pietosi uffici che vi ho detto e nelle cure del nostro collocamento alla cascina Villerma, buona e cara conoscenza del giorno avanti. Dormimmo là, occupando le poche camere, le scale, il fienile, la tettoia dei carri e via discorrendo. La mattina dopo, senza alcun merito mio, e senza gusto, vi prego di crederlo, ero chiamato come giudice al tribunal militare, improvvisato in Monterotondo.
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