- Domattina, se non si marcia al nemico, non possiamo fare una galoppata fino a Monterotondo? C'è lassù quel canonico Tolti, nella cui casa, ier l'altro, abbiamo mangiato, pagando la spesa, un pezzo di pan bigio e uno spicchio di lesso. Che ti pare? consegniamo il deposito a lui? -
Detto, fatto. All'alba del 29, saputo che si rimarrà tutta la giornata a Fornonuovo, inforchiamo i bucefali. Avevamo requisiti i due cavalli il giorno prima.
Quello del maggiore era discreto; il mio aveva una bella apparenza, e trottava anche benino; ma aveva lo spavento, e quel moto convulsivo che a quando a quando gli prendeva nei muscoli esteriori dello stinco e flessori del piede, era una morte per chi gli stava sopra e per chi gli camminava vicino. Ben me ne avvidi a Mentana, che fui costretto ad appiedarmi, per non isfondare io stesso la mia compagnia con quella povera brenna arrembata, che faceva un passo avanti e due indietro.
Giungiamo a Monterotondo, col nostro involtino penzoloni dal pomo della sella, e smontiamo dal canonico Totti; un vecchio di settantasei anni, alto alto, un po' curvo nelle spalle e mezzo cieco. Ci fa buona accoglienza e ci domanda, non senza un po' d'ironia interiore, se siamo già di ritorno dalla nostra marcia in avanti.
- No, reverendo; fermi soltanto per poche ore, ma si prenderà la rincorsa. Eccole qua la ragione della nostra visita: abbiamo trovato questo negozio nella sagrestia della chiesetta di Fornonuovo. Sia che entriamo a Roma noi, sia che usciamo dal cosidetto patrimonio di San Pietro, com'Ella sicuramente ci augura, si celebreranno ancora delle messe a Fornonuovo ed altrove.
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