S'intende che è carne cruda, e debbono arrostirsela lì per lì. Le legna non mancano; ci sono le staccionate dei campi, per darne al bisogno, e più in là.
XII.
Sul monte Sacro. Favola antica e storia moderna. La mia bella giornata.
Garibaldi è là in piedi, sul colmo della collina, intento a guardare tutto intorno, con gli occhi leonini socchiusi, eppure sfolgoranti sotto le ciglia aggrottate. Non è di cattivo umore, per altro; se fosse, avrebbe il cappello tirato sugli occhi. Qua e là, solitarii in contemplazione, o raccolti a crocchi, gli ufficiali del quartier generale, dello stato maggiore, e dei battaglioni genovesi; da quindici a venti persone. Sulla destra, in lunga fila appiattati, i due battaglioni che ho detto, un po' smilzi, cinquecento uomini in tutto, i cui avamposti arrivano laggiù, sotto il ciglio della collina, in vista del ponte Nomentano. L'insidia è tesa, se a qualcheduno venisse voglia di farsi avanti, attratto dall'esca di quelle quindici o venti persone in piedi sul poggio, e lontanamente visibili. Certo, di contro a forze considerevoli, quell'agguato di cinquecento uomini sarebbe povera cosa; ma c'è indietro dell'altro; c'è il grosso dell'esercito, dietro le colline donde noi siamo venuti; le colonne di Menotti e del Frigésy hanno le loro avanguardie in certe piccole macchie, che si vedono a tramontana, forse quattrocento metri più indietro.
Lo spettacolo, intanto, è maraviglioso di lassù. Vedo davanti a me, oltre la linea serpeggiante dell'Aniene, distendersi una campagna arsiccia, in parte coltivata, sparsa di radi edifizi, orlata nel fondo da masse d'alberi e di non bene distinti edifizi, forse di ville signorili, o di abitazioni suburbane.
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