- Vous étes ties conscrits; vous ne savez pas tirer. Vous étes des conscrits, - ripetè ancora parecchie volte, rinforzando la voce, forse con la speranza che il sarcasmo li ferisse, invitandoli a farsi sotto, dove egli avrebbe voluto.
Ma il sarcasmo non li ferì, o se li ferì non bastò a farli scattare. Continuavano a scattare, in quella vece, i loro fucili, con sempre inutili tiri; e la musica era già molto durata, quando si avanzò Stefano Canzio.
- Senta Generale; - diss'egli. - Vuol proprio che imparino, tirando su Lei? Venga qua, la prego, un pochino, più indietro, al riparo di quel pagliaio. Per quello che vuol fare, se ci sarà da farlo, - soggiunse, con un'accorta restrizione che mostrava la sua poca fede in certe notizie, - non è mica necessario che Lei stia qui a far da bersaglio ai coscritti. -
Sorrise il Generale, gradì la celia, ma non si volle muovere di là. Forse pensava che quello era il giorno del fato, e che bisognava commettersi al fato. Egli accettò in quella vece di sedersi e di far colazione, finalmente, alle due dopo il meriggio, mangiando un pezzo d'arrosto freddo, rilievo di pranzo o di cena del giorno antecedente, rinvoltato in una pagina del piccolo Movimento di Genova.
- Ne volete? - diss'egli a me. - Senza complimenti.
- No, grazie, generale; non ho pane. - Oh, già! - soggiunse egli, ridendo. - Volete sempre il pane, voi altri. In America non ne vedevamo quasi mai, e c'eravamo abituati benissimo. Ogni legionario portava il suo spicchio di carne infilzato sulla baionetta, se lo arrostiva alla prima fermata, e se lo sgranava senza aiuto di pane.
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