Alquanto pił gił di Castel Giubileo, ritto a cavallo sul binario della strada ferrata trovammo Garibaldi. Fu lieto di vederci, e volle da noi le notizie del nostro esodo. Tutto bene, salvo un piccolo incidente. La sera innanzi, alla prima partenza dal monte Sacro, avevamo fatti avvertire i compagni che stavano dentro il casal dei Pazzi. Ci avevano risposto che sarebbero venuti tra poco, volendo finire un'infornata di pane. Noi ci eravamo contentati della risposta; pił tardi, ed al buio, credendo che fossero con noi, ci eravamo avviati senza di loro, avvedendoci solo al mattino della loro mancanza dalle file.
Mentre il Generale mostrava di addolorarsi del fatto, si sentirono grida in lontananza; e gił dalla collina, a gran furia, si videro calare tre uomini! Erano i tre nostri compagni; uno di essi il tenente Pozzo, che per tal modo ebbe la fortuna di dare al Generale i pił freschi ragguagli, le pił recenti notizie, che meglio non avrebbe potuto fare il telegrafo. I tre genovesi si erano dimenticati nella stanza del forno: solo un po' prima dell'alba li aveva turbati un suono di cannonate. Usciti all'aperto avevano veduto il campo vuoto, i fuochi gią presso a spegnersi e presi di mira da una pioggia di granate, che venivano dalla campagna oltre l'Aniene. Non erano stati a pensarci pił che tanto; avevano preso il largo, guidandosi a lume di naso, come noi altri, e via via pił spediti, con l'ali alle calcagna, erano venuti a salvezza.
- Bravi! - disse Garibaldi. - E cosģ, stando lą dentro, con tanta farina, avrete fatti i taglierini.
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