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      Ma che cosa pensava egli di fare, specie dopo il proclama accennato, che sicuramente sarebbe stato seguito da atti di polizia, che avrebbero tagliati i nervi ai comitati nostri e impedito ogni invio di munizioni al confine? Io non lo sapevo; nè fo conto di metter qui le mie povere induzioni d'allora. Solo mi pareva d'intendere che egli, non avendo potuto penetrare in Roma senza il consenso armato della popolazione, non avendo potuto accogliere sotto il proprio comando i due corpi lontani, dell'Acerbi a Viterbo, del Nicotera a Valmontone, volesse aspettare in armi, per qualche settimana ancora, lo svolgersi degli eventi, facendo base in qualche altro luogo, non più a Monterotondo, ma a Tivoli, sulle montagne dell'Aquilano. L'accenno a Tivoli lo avevo avuto quella sera, difatti, udendo che un colonnello doveva andare con tre battaglioni tra Monticelli e Sant'Angelo, che erano per l'appunto sulla strada di Tivoli: mi confermava il sospetto l'invio d'un battaglione, con Marziano Ciotti, ad occupare l'incontro della strada di Tivoli con la Salara: finalmente, ad ora tarda, seppi che a Tivoli doveva andare la mattina seguente il colonnello Pianciani; senza gente, per altro, con due soli ufficiali, romano a romani.
      - E andiamo a Tivoli; - pensai, - vedrò la villa di Orazio, o il luogo dov'era situata, poichè etiam periere ruinæ. Peccato che non abbiamo più con noi Ludovico di Pietramellara. Vorrebbero esser odi a tutto spiano. -
      Venne la mattina del tre, e fu ordinata la marcia. Ma a me si ordinava anche di andar giudice al tribunale militare nel palazzo Piombino.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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