Con noi è un battaglione di Milanesi, comandato dal colonnello Missori. Così disposti ci mettiamo in cammino, e dopo forse mezz'ora giungiamo alle prime case di Mentana, accolti dall'inno: "Si schiudon le tombe" suonato dalla fanfara della colonna Frigésy. Quella musica piace poco; ad un illustre amico mio, che passa in quel punto a cavallo, non piace niente affatto. Per lui, essa è di mal augurio, non avendo avuto il battesimo del fuoco. Infatti, conosciuta dai volontarii quando già era finita la campagna del '59, non fu suonata in Sicilia, nè sul Volturno, nè in Tirolo; non si è udita mai, se non nelle città, nei teatri, sulle piazze. Garibaldi, poi, ama meglio la Marsigliese, a cui vengon subito appresso, nelle sue simpatie, il "Fratelli d'Italia" e più un inno del Rossetti: "Minaccioso l'arcangel di guerra" che i suoi legionarii cantavano nel '49, a Roma e a Velletri. Ma basti di ciò; anche l'inno: "Si schiudon le tombe" ha avuto il suo battesimo a Mentana; triste, se vogliamo, ma solenne, e non è più il caso di tornarci su, poichè il sacramento è indelebile.
Io m'ero accostato a Mentana senza sospetto. L'andata pacifica del Pianciani a Tivoli mi prometteva una marcia tranquilla: nè il mio ragionamento interiore poteva esser turbato dal fatto dei fiancheggiatori, essendo costume d'ogni esercito in marcia, su territorio conteso, di aver fiancheggiatori e avanguardia. Noi, dopo tutto, facevamo una marcia di fianco, pericolosa sempre la parte sua, richiedente diligenza somma e celerità singolare.
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