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      Risalendo sempre, dopo forse mezz'ora di cammino, si giunge ad un punto dove il rigagnolo si spartisce in due, o piuttosto dove due rigagnoli si uniscono, scendendo da due insenature di monte, per formarne un solo. Tra quelle due insenature la montagna s'incurva a poggio avanzato, e quel poggio avanzato ha nome: i Rivči. Ci prospera una bella vigna; in mezzo alla vigna sorge una casina bianca, di cui non vedete che il profilo del piano superiore, perchč l'inferiore č tutto nascosto da un lungo pergolato che le corre torno torno come una bella collana di smeraldi.
      Il gentil proprietario dei Rivči ama molto quella casina; ma non usa di andarci se non quando gli amici gli dicono: "Filippo, andiamo ai Rivči?" Č vero, per altro, che gli amici glielo dicono spesso. Si va allora in cinque o sei; ma quando si č lassů, a ora di tavola, ci si ritrova sempre in dieci o dodici. Perchč la notizia d'una gita ai Rivči corre via come il vento, per tutta la valle; e allora dalle terre circonvicine, da Cairo, da Dego, da Cosseria, da Millesimo, calano sempre in forma di cacciatori, e magari senza fucile, parecchi amici comuni. Son capitati a caso; sono accolti a gran festa. Il cuoco non si spaventa, e il cantiniere molto meno del cuoco.
      Giŕ il cantiniere ha l'uso lodevole di non togliere dai Rivči il vino che si spreme ai Rivči; una sacra costumanza impone di andarlo a bere lassů. Il cuoco č il piů matto e il piů prodigo dei cuochi. Giŕ, son tutti cuochi, nella brigata: uno solo escluso, e per la semplicissima ragione che, quando lavorň lui al fornello, mandň a male ogni cosa.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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