Nč quei poveri servi della gleba avevano speranza di aiuto contro le angherie del castellano. Il conte Anselmo, a cui avrebbero potuto richiamarsi di tante ingiustizie, passava qualche volta, superbo cavaliere, seguito da numerosa scorta, per andare a caccia verso le macchie di Croceferrea, o di Lagorotondo; e tristi i coloni sulle cui terre trascorrevano le sue cavalcate o le mute de' suoi cani. Meglio era non vederlo, il conte Anselmo, perchč la sua presenza non faceva che aggravare i lor danni. "Piove sul bagnato!" dicevano essi, malinconicamente, guardando i prati calpestati e i campi d'orzo su cui pareva esser passata la tempesta.
Qualche conforto avrebbe potuto darlo l'autoritā ecclesiastica. I ministri del Dio di pace e d'amore ben erano chiamati dall'ufizio loro a dir parole d'amore e di pace. Ma preti e canonici della plebe di Cairo non avevano autoritā su quei conti Aleramici, feroci d'indole, rozzi di costume, ancor freschi della conquista. La quale, per essere stata assicurata ad essi in una region di confine, sentiva poco, non solamente l'autoritā ecclesiastica, ma anche l'autoritā imperiale. A Cairo, del resto, e nelle terre circonvicine, erano ancora turbate le giurisdizioni vescovili. A qual diocesi appartenevano? a quella d'Alba, o a quella di Savona? L'una e l'altra domandavano il pagamento delle decime; or si pagavano a questa, ora a quell'altra, e spesso, per maggior disdetta, a tutt'e due. Ah, veramente, confusione tristissima, e desolazione dell'abominazione, come avrebbe detto Isaia!
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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