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      Rainerio, come potete immaginare, confortava con la sua autorità la logica del vecchio Dodone. Era egli che dava l'aiuto e la protezione in nome del conte; egli che rinunziava liberamente ad una parte di tributo, quando gli era dimostrato che quella parte dovesse andare a benefizio del fondo, a restaurare la casa, a rifar la ruota del mulino, o la pescaia per il martinetto. Ora per questo, ora per quest'altro lavoro, aiuto, o consiglio, il castellano era spesso a Croceferrea, dal suo protetto Dodone; vedeva coi suoi occhi tutto quanto bisognasse per migliorare quella tenuta, da lui chiamata la perla dei possedimenti di conte Anselmo; e vedeva anche, e guardava molto un'altra perla, che era la figliuola di Dodone, la bella Ingetruda, che noi, imitando gli abbreviatori volgari del tempo, chiameremo Getruda.
      Vi ho detto che era bella; aggiungerò che era alta della persona, e bionda di capegli, e bianca di carnagione. Veramente, più che bionda si poteva dir rossa; ma ci sono tante gradazioni nei colori, che l'occhio non può sempre distinguere il punto di mezzo, e giudicare se quella tal gradazione penda di qua o di là, tra il biondo smorto e l'acceso. Anche la bianchezza della carnagione appariva qualche volta offesa da una mezza tinta ferrigna; ma poteva essere effetto d'abbronzatura del sole, e dopo tutto, se fosse stato effetto di lentiggini, non è detto che le lentiggini scemino bellezza ad un viso di donna, o possano far meritare il nome di bruna ad una bianca figura. Gli occhi di Getruda erano grandi, colmo il petto e la vita snella, tonde le braccia e stupende le mani.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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