- Io non ho da voler nulla; - aveva risposto Getruda. - Sei tu che devi volere, se la cosa ti torna.
- Bene, diciamo dunque: permetti che ti dica una cosa? -
La fanciulla aveva assentito, con un lieve cenno del capo.
Non aveva gran voglia di accogliere una domanda, che già prevedeva; ma non le era punto spiacevole di sentirsi dire con le labbra dal più bel giovanotto della vallata, quello che tante volte le aveva detto con gli occhi.
Ma egli non si fermò ai preliminari che un cavaliere moderno avrebbe senza fallo attaccati, e in cui si può rimanere a lungo, con diletto non lieve di una bella ascoltatrice. Marbaudo non sapeva l'arte, o la dimenticava, per amore di sincerità; e perciò venne difilato al punto essenziale per lui.
- Getruda bella, - diss'egli, proseguendo, - se tuo padre acconsentisse ai miei desiderii.... se tu non dicessi di no.... sarei il più felice tra tutti gli uomini che bevono acqua di Burmia. -
La fanciulla non avrebbe voluto andare così a precipizio verso la conclusione; intorno alla quale non aveva ancora disegni formati. A lei era piaciuto l'epiteto da cui era stato accompagnato il suo nome, e a quell'epiteto le sarebbe anche piaciuta la coda di un commento, di una amplificazione retorica. Che diamine! Non era Marbaudo un discorritore famoso, quando parlava davanti ad una numerosa udienza, nelle lunghe veglie d'inverno? E come andava, che non sapesse più mettere insieme una dozzina di belle frasi, quando si trattava di parlare da solo a sola con lei?
Mettete dunque che non fosse troppo contenta di quella scarsa prova d'eloquenza, e della forma interrogativa che le aveva data Marbaudo.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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Getruda Burmia Marbaudo Marbaudo Marbaudo
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