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      Sorte non invidiabile, per verità!
      Getruda sapeva, per molti esempi che aveva dintorno, come la gioventù si perda e la bellezza sfiorisca; nelle cure della famiglia, dove la ricchezza e l'ozio fastoso non aiutino a correggere i danni della maternità e le ingiurie del tempo.
      Quante leggiadre spose di Croceferrea e delle terre circostanti non si erano precocemente avvizzite negli stenti della vita campagnuola! Quante belle labbra vermiglie non avevano perduta in pochi anni la loro graziosa accompagnatura di perle! Queste erano volgarità; ma dovevano pure tornarle a mente, nel meditare che ella faceva su quel tema fastidioso tra tutti. Ed è un tema a cui si pensa necessariamente, quando si è belle e gelose della propria bellezza, dono divino che il cielo non manda due volte alla sua creatura. Ma poi, a che serve la bellezza, quando non ha tributo di omaggi? E come si possono ottenere gli omaggi, quando la bella è nata in umile stato e col pericolo di doverci restare per tutta la vita? Sicuramente, la vezzosa Fredegonda non si era appagata di piacere all'accorto Landerico. Non meno accorta di lui, lo aveva preso come sgabello, per salire, per raggiungere l'altezza del trono.
      Due ambizioni si erano dunque accompagnate, e trionfavano insieme, ognuna a suo modo e nella propria misura: quegli diventando un cortigiano, un illustre servitore; ella cingendo la corona regale. Arte, inganno, fortuna! Sì, tutto ciò che volete. Ma è pure risaputo che si sale un po' tutti così; l'essenziale è di giungere alla meta.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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