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      E quando la vezzosa Fredegonda ebbe cinta quella corona regale, nessuno pensò che quella corona non le tornasse a viso, o che la superbia dell'antica ancella delle regine di Neustria, fosse diversa da quella di tante figliuole di re.
      Getruda pensava; e frattanto Dodone discorreva col castellano, che gli vantava i pregi della bianca fanciulla. Il vecchio aldione fingeva di non capire, e ciò gli permetteva di rispondere in quel modo che gli tornava meglio. Sì, veramente, non c'era male; Getruda aveva la bellezza che chiamano del diavolo, perchè presto il diavolo se la porta via, cioè a dire la gioventù. Aveva ancora una certa vivezza di pensiero, una certa festività di modi; spuma che accompagna il buon vino, fino a tanto che è giovane. Ma intanto bisognava pensare a maritarla, quella cara figliuola.
      - Di questo si dia pensiero ogni altro, che non sia il padre di Getruda; - rispondeva Rainerio. - La tua figliuola è un occhio di sole. Sarà la fortuna della tua casa, se tu sai intenderla e farne tuo pro'.
      Il furbo villano intendeva benissimo il pensiero di Rainerio. Egli non aveva creduto mai che il castellano andasse così spesso lassù per il semplice gusto di ragionare con lui di nuove piantate di vigna, per raddoppiar le vendemmie di Croceferrea, o del raccolto delle mele, donde si cavava il sidro per le sbevazzate della corte d'Anselmo. Da quelle frequenti cavalcate di Rainerio al podere, Dodone traeva profitto per pagare il meno che gli fosse possibile e metter di costa qualchedun'altra di quelle belle monete d'oro con la effigie dei vecchi imperatori romani, che gli piacevano tanto.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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