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      - disse Rainerio, dopo un istante di pausa.
      - Tu, mio signore?
      - Io, sì; perchè non potrei pensarci ancor io, desiderando il bene della tua casa, da amico qual sono?
      - Vero.... verissimo - balbettò il vecchio aldione. - Ed io ti ringrazio della tua grande bontà. Ma conoscerai tu egualmente l'uomo che possa convenire ad una famiglia di lavoratori?
      - Eh, per la croce di Dio! non sarà già così difficile, come il provvedere a tutti i bisogni della casa d'Aleramo, - rispose Rainerio. - Tra tanti aldioni soggetti al conte Anselmo, troverò ben io quello che faccia al caso tuo. -
      Dodone non pensò più a strizzar l'occhio sinistro, tanto era da tenerli aperti ambedue.
      - Capisco, - diss'egli, acquetandosi in apparenza, - potrai fare anche questo, e trovar meglio che io non saprei. Ma vedi, signor mio, sarà anche meglio lasciare a Domineddio la cura di mandarci quell'uomo, e sopra tutto di ispirar bene la mia cara figliuola. -
      Il castellano, a cui si anteponeva così in mal punto l'autorità di Domineddio, pensò per allora di non dire più altro sull'argomento delle nozze di Getruda. Sorrise, in quella vece, e mutò discorso; poi cogliendo il momento che un famiglio veniva a quella volta, per dire qualche cosa a Dodone, si accomiatò dal vecchio e andò verso il suo cavallo, che lo aspettava davanti alla casa.
      - Tuo padre vuol maritarti; - bisbigliò egli a Getruda, nel passarle daccanto. - Resisti, se vuoi essere ciò che devi; non dare a servi la tua bellezza, che è degna di più alta fortuna.
      - Ahimè, signore!


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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