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      Marbaudo lodò, come potete immaginarvi; in primo luogo perchè Dodone faceva le cose per benino e meritava la lode di tutti gl'intendenti; poi perchè Dodone era il padre di Getruda, e chi aveva fatto Getruda non poteva far cosa che non fosse bellissima.
      - E voi altri, laggiù agli Arimanni, che fate? - gli disse Dodone. - È già un pezzo che non scendo da quelle parti. Quando vado a Cairo, passo sempre per valli e per monti, da Cresta di Gallo alla Bàissa. Già, capisco orzo e fieno, voi altri: non è vero?
      - Sì, e meglio il fieno che l'orzo. Di vigna ne abbiamo poca; - rispose Marbaudo. - Sai che per la vigna non abbiamo colline abbastanza. E quel po' di filari che si son piantati più in basso, ce li mangia la brina.
      - Ad ogni terra i suoi frutti; - disse Dodone; - e ad ogni età i suoi pensieri. Quando fai conto di prender moglie, ragazzo mio?
      - Eh! - mormorò il giovanotto, a cui la domanda fece sgranar tanto d'occhi. - La voglia ci sarebbe tutta, e più ancora; ma bisognerebbe trovare ben disposto il padre della ragazza.
      - Gli si domanda; - disse Dodone. - Chi non domanda non ha, e chi non impara non sa.
      - Padre mio, se tu volessi domandare e imparare per me....
      - Dimmi il nome del vecchio, e ti servirò, ribaldaccio! - borbottò il vecchio, battendo della mano sulla spalla a Marbaudo. - Ma lasciamo per ora questo discorso, che non preme. Sarebbero contenti in casa tua che ti allontanassi dagli Arimanni, per andare a vivere in casa del tuo suocero?
      - Eh! - disse Marbaudo, tentennando la testa.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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