Ma troppo gli premeva per altro di prenderla colle buone; perciò stette saldo, e replicò, abbastanza pacato:
- Tu mi pesi così poco, che avevo stabilito di tenerti in casa, anche maritata. Il giovanotto degli Arimanni, poi, non è il primo che capita; è un buon figliuolo, intelligente, forte e bello; gran fortuna per la casa, ed ottimo partito per te. Finalmente, non ti rompo il collo, perchè lavoro a collocarti. Te lo romperai da te, restando senza marito, seguendo i capricci della tua testa e correndo tutti i pericoli che tengono dietro ai capricci. Bada a te, Getruda! finirai male, non accettando la mano di un uomo della tua condizione, finirai male!
- Che profezie! Sono stata in casa finora, e nessuno ha ancora potuto dir nulla di me. Sto bene così; tu non pensi a discacciarmi: perchè cambierei?
- Non vivrò sempre io; - disse Dodone. - I tuoi fratelli, o le mogli dei tuoi fratelli ti costringeranno a uscir di casa, o a far la serva ai loro figliuoli.
- Ci sarà tempo a vedere; - rispose Getruda, alzando le spalle.
Qui veramente il vecchio Dodone fu per dare di fuori; ma gli passò davanti agli occhi l'immagine fosca del castellano Rainerio.
- E tu vedi, allora; - rispose; - ma pensaci anche, prima che tu abbia a vedere.
- Ci ho pensato già; - disse Getruda.
- Ma è una vera pazzia, che t'ha presa!
- Come vorrai; ma io non voglio Marbaudo.
- Non vuoi!... non vuoi!... Ma proprio il mondo ha da finire, che una figlia risponde così audacemente voglio e non voglio a suo padre! Basta, per ora; ma sappi che di qua al finimondo ci corrono ancora dieci anni, ed io ti romperò davvero l'osso del collo, se non farai prima giudizio.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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