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      I signori vogliono; a noi tocca obbedire.
      - I signori sono lontani, - replicò Ansperto, - e non possono udire la voce della giustizia, quando il figlio dei servi della curia d'Alba non ardisce aprir bocca.
      - Sì, per farmi chiudere nel fondo di una torre, fino a tanto che io non mi disdica! - borbottò allora Dodone.
      - Eh via! Non sarà così cattivo, il conte Anselmo, come te lo figuri tu. Basterebbe che tu gli domandassi udienza, come l'hai domandata a me, e gli esponessi i tuoi dubbi di coscienza. Infine, tu paghi i tributi a lui, e non dài alla curia nè annate, nè decime. Ricordati, Dodone, che Iddio ha costituita la Chiesa sua rappresentante visibile sulla terra, e che l'essere confessori del vero per lei è come essere confessori della fede.
      - Io ricordo, o padre, che il Signore Iddio mi ha fatto pentola di terra, e poi mi ha messo davanti a delle pentole di ferro. A cozzar con quelle mi romperei di sicuro; le mie confessioni non varrebbero un bel nulla; e neanche potrei più farne, quando venisse il momento opportuno.
      - C'è del vero, in quello che tu dici; - osservò il canonico Ansperto. - Ottone verrà pure un giorno o l'altro in Italia, e il vicario di Cristo non tralascerà di ricordargli il debito che ha, di far giustizia alla sua Chiesa. Ma dimmi ora; che posso io fare per il tuo bisogno?
      - Consigliare la mia figliuola.
      - L'ho sempre fatto, quante volte è venuta al tribunale della penitenza.
      - Sì, e vedi il bel frutto che n'hai ottenuto! Devi parlare più risoluto, mostrarle il male che fa, a ricusare l'onesto partito che le propone suo padre.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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