Dodone andava per l'appunto da lui; ma non fu molto contento di vederlo per via, o, per dire più veramente, di esser veduto sul limitare del chiostro.
Avrebbe voluto confondersi, passare inosservato tra le quindici o venti persone che stavano sulla piazzetta; ma non gli fu possibile; Rainerio lo aveva veduto alla prima, coi suoi occhi di falco, e si era fermato, per chiamarlo a sè con un gesto tra familiare e imperioso.
- Ebbene, vecchio Dodone, - esclamò il castellano, - veniamo da raccontare le nostre marachelle ai canonici di Santa Maria? Ci siamo ben ripulita l'anima al tribunale della penitenza? C'è dunque da sperare che saremo più giusti e più probi nel pagare i diritti al padrone?
- Venivo appunto per ciò; - disse il vecchio. - Ma tu sai che io, povero aldione, invecchiato nella fatica dei campi, non ho mai cercato altro che di accrescerne i frutti, e pago, si può dire, ogni anno di più.
- Sì, lo so, vecchio amico, e mi piace di riconoscerlo; - rispose il castellano, ridendo. - Ma mi piace anche di celiare un tantino, come si usa tra amici.
- Amici! - ripetè Dodone, tentennando la testa. - È presto detto, amici! Ma tu sei il mio signore, io il tuo servo.
- E siamo tutti servi; - riprese Rainerio, mettendo per gran degnazione una mano sulla spalla, del vecchio, mentre con lui si avviava verso la sua corte; - il castellano è servo del conte; il conte è servo dell'imperatore; e l'imperatore è servo di Dio. Non te lo hanno detto i canonici, che l'imperatore è servo di Dio.... ed anche del suo vicario, che è il Papa?
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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