- Tu devi parlare alla figliuola di Dodone, che è stato poc'anzi da te.
- Io.... - balbettò Ansperto.
- Ed hai preso l'incarico di consigliarla ad accettare la mano di Marbaudo, l'aldione degli Arimanni.
- Ma io, veramente.... non ho a dire....
- Nè io ti chiedo di dirmi un segreto, - riprese il castellano. - Vedi che so già tutto; me lo ha detto or ora il vecchio Dodone. -
Ansperto ricordò che infatti il padre di Getruda gli aveva detto di doversi recare dal castellano, per pagargli l'annata.
- Se così fosse - rispose allora il vecchio prete - la cosa non escirebbe punto dagli obblighi del mio ministero. Sono il confessore della fanciulla di Croceferrea; e il consiglio che io potrei darle sarebbe conforme all'utile suo e della sua casa.
- Ma non all'utile della casa di Aleramo, - replicò Rainerio.
- Come? - si provò a dire Ansperto. - Così alte ragioni si opporrebbero a così umile negozio di povera gente dei campi?
- Di questo è giudice il conte; - ribattè Rainerio; - e per lui ne son giudice io, investito da lui della autorità necessaria. -
Ansperto s'inchinò, ma non si diede ancora per vinto.
- Diamo a Cesare quel che è di Cesare - mormorò egli. - Io m'attengo al modesto uffizio di consolare gli afflitti e di guidare le anime dei fedeli sulla via della salute.
- Per il mondo di là; - soggiunse Rainerio. - È giustissimo. Noi pensiamo al mondo di qua; ognuno di noi nella misura assegnata. Io sopraintendo alle terre del conte Anselmo e a coloro che ci vivono, per farle fruttare. Il conte sa, per mezzo mio, che cosa debba fruttargli il suo dominio; io attendo, in nome suo, a tutti i provvedimenti che possono farlo prosperare.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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