La bianca Getruda! Così l'aveva chiamata il castellano, che aveva mariti a dozzine da offrirle, ma che sicuramente non gliene avrebbe dato nessuno.
E nessuno ne voleva la bianca Getruda. La nuova Fredegonda correva col pensiero ambizioso alle grandezze che le aveva fatte balenare agli occhi il furbo castellano. E in mal punto capitò suo padre, a raccontarle di aver veduto il canonico Ansperto per via, a riferirle il discorso che questi gli aveva fatto per lei.
Getruda credette poco alla trovata di quell'invito e al pretesto della sacra reliquia. Quella del santo legno era una gran divozione del tempo. Erano scarse ancora le occasioni di pellegrini che andassero a Gerusalemme, ordinariamente per le vie di Costantinopoli, e ne ritornassero portando i pezzettini della croce di Cristo, comperati a poco prezzo, come era poca la fede nella loro autenticità, dai sacri mercanti di Bisanzio.
Poteva darsi benissimo che Ansperto volesse offrire alla sua giovane penitente un minuzzolo della croce, ritrovata parecchi secoli addietro da Elena imperatrice; ma a far ciò non gli sarebbero mancate le occasioni solenni. La chiamata improvvisa, mal colorita da un incontro casuale, significava chiaramente a lei che Ansperto si fosse assunto l'incarico di persuaderla alle nozze volute dal padre. Andò preparata: udì la lunga esortazione di Ansperto, e così brevemente rispose:
- Mio padre vuol rompermi il collo. Faccia egli a sua posta, con un nodoso bastone, come mi ha minacciato. Ma non col marito che ha in mente.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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