Io non voglio Marbaudo.
- Figliuola mia, - disse il prete, sospirando. - So bene quali pensieri consigliano questa tua resistenza ai desiderii di un padre. Troppo orgoglio ti è entrato nell'animo, troppo orgoglio della tua bella persona. Con le immagini della vanità, ricordalo, il maligno, il gran nemico, suol perdere le donne, fragilissime tra tutte le creature di Dio. Nella tua casa è uno specchio, antico dono della nobile Gerberga a tua madre. Ma fu un presente fatale, come quello del pomo alla prima madre degli uomini. Pensa, o Getruda, che Iddio ti ha dato la gioventù e la bellezza, doni fugaci, perchè tu piacessi ad un uomo della tua condizione, e da lui avessi figliuoli, per educarli alla pietà, alla fede, alla virtù, secondo i precetti della Chiesa. Invanire di quei doni fugaci, nutrir pensieri, superiori al proprio stato....
- Padre! - interruppe Getruda. - Io ti ascolterò volentieri in ogni discorso che ti piaccia di farmi. Ma questo è vano per me. Io non sento orgoglio della bellezza che tu dici. So io medesima quanto sia povera cosa, e come poco varrebbe, se fosse maggiore. Chi potrebbe ammirarla? chi si degnerebbe di riconoscerla, in quest'umile veste di fanciulla dei campi?
Ansperto avrebbe potuto risponderle: "il castellano, mia cara, il castellano Rainerio, di cui tu ascolti i consigli, come Eva quelli del serpente ingannatore." Ma egli si guardò bene di toccare quel tasto. Col nome di Rainerio non c'era da scherzare.
Quella cara fanciulla avrebbe potuto riferire il discorso al castellano, e il castellano non avrebbe risparmiato le sue vendette alla chiesa.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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