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      - Di Neustria; - rispose il castellano. - Di là venne il mio nonno, con le lance di Guido di Spoleto. Laggiù andremo a prendere la fortuna pei capelli. Ma ch'io baci i tuoi, Getruda! -
      La fanciulla volse un'occhiata intorno, e raffidata avvicinò la fronte al petto di Rainerio; poi ridendo fuggì.
     
     
      CAPITOLO VIII.
     
      Il bando del conte Anselmo.
     
      Quello che io son per narrare, parrà incredibile a molti.
      A me basterebbe di premettere che è la leggenda di Cairo, comprovata dal manoscritto di frate Eusebio. Ma posso e desidero, per sua giustificazione e mia, soggiungere ancora dell'altro, che lo renda più chiaro.
      Il diritto feudale era stranissimo ancora, quando si cominciò a scriverlo, per scemare gli abusi della consuetudine ond'era stato formato. Immagini dunque il lettore che cosa potesse essere, a quali follie del capriccio umano far capo, ne' primi tempi della sua instaurazione.
      Sappiamo già che la terra serva, rendeva servo l'abitatore; foss'egli pur nato libero, il suo fermare stanza sui dominii del signore feudatario, o dell'abate d'un monastero, o d'un capitolo di canonici, l'aldione si confondeva a breve andare col servo della gleba.
      E tutti quei poveri censuarii che tenevano poderi o campi moventi da un castello, chiamato perciò dominante, acquistavano, per un po' di sicurezza problematica, la più certa e la più molesta delle servitù possibili.
      Un giorno erano richiesti di riparare le fortificazioni del castello; un altro di battere il grano, o di trasportare il vino del padrone; ora dovevano far guardia notturna per lui, ora ferrargli i cavalli, ora adattarsi ad alloggiare e nutrire i suoi cani.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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