E non si rise, ascoltando il banditore, sebbene il suo naso, che diventava via via più rosso e più tumido, ne mettesse voglia a più d'uno. Così, in mezzo al silenzio che v'ho detto, Scarrone finì la lettura con una mezza dozzina di eccetera; e appena ebbe finito, e arrotolata da capo la sua pergamena, per rimetterla nell'astuccio di cuoio che teneva alla cintola, si volse alla turba, domandando, con atto di gran degnazione:
- Avete capito tutti?
- Si; - risposero d'ogni parte.
Ed egli allora, presa una fiaschetta che portava ad armacollo come la spada e la tromba, ne tracannò beatamente un sorso, levando al cielo gli occhi cisposi e il naso bitorzoluto. La famigliarità benigna dell'atto diede animo ai più vicini, che strinsero il cerchio intorno al pettorale e alle staffe della cavalcatura.
- Ma come? - domandò uno. - Come bisognerà fare per mettersi in gara?
- Oh, per la croce di Dio! - gridò Scarrone, abbassando la sua fiaschetta e chiudendone diligentemente la bocca col suo turacciolo di sughero. - E vi ho domandato poc'anzi se avete capito tutti; e mi avete risposto di si! Buona gente, bisogna andare dal castellano Rainerio, e dirgli: io mi sento di falciare il prato in tanti giorni, per ottenere la mano della bella Ingetruda. Perchè m'immagino che sarà bella. Io non la conosco, questa Ingetruda, per cui il nostro clemente signore conte Anselmo ha scritta una così lunga pagina e l'ha munita del suo sigillo comitale. E se non sarà bella, avrà un bel peculio da portare in dote allo sposo; non è vero?
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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