- E così, - gli disse, traendolo in disparte sotto la pergola, che incominciava a rivestirsi di pampini, - hai sentito il bando del nostro signore?
- Sì; - rispose Marbaudo; - e ho subito detto tra me: tanto meglio!
- Ah! - borbottò il vecchio. - Questo è un tiro del castellano.
- Ebbene, che vuol dir ciò? Ti ripeto: tanto meglio! - disse Marbaudo. - Sicuro della tua benevolenza, padre, mio, lavorerò per quattro.
- E in quanti giorni?
- L'anno scorso ho falciato tutto quel maggese nel termine di otto giorni. Quest'anno lo falcerò in quattro.
- Tu puoi prometter tanto?
- Perchè no, se debbo guadagnar la mano di tua figlia? -
Dodone stette alquanto sopra pensiero; poi disse:
- Anch'io ho misurato il prato, quest'oggi, e ti ho veduto da lungi, che gli giravi attorno per la stessa cagione. È il lavoro di dieci giorni, per un uomo robusto e di buona volontà. Tu hai potuto compierlo in otto, perchè sei tu, e nessuno è più forte e più pronto di te. Facendo miracoli, puoi compierlo in sette; mettiamo anche in sei. Ma come potresti riprometterti di darlo falciato in quattro? Ciò è sopra le forze di un uomo.
- Lo so; - rispose Marbaudo. - Lo so che sarebbe impossibile durare quattro giorni, lavorando a furia come il primo. Ma tu non pensi, o padre, che saremo parecchi in gara, con gli scabini che faranno il conto e giudicheranno in proporzione, misurando il lavoro di quattro giorni promessi sul lavoro compiuto in quel primo ed unico giorno.
- Capisco; - disse Dodone. - Ma tu, ad ogni modo, in capo al primo giorno dovrai aver falciata la quarta parte del campo.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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Marbaudo Marbaudo Marbaudo Dodone
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