Ti ammazzerai a tentarlo. -
- Mi ammazzerò, ma avrò vinto; - replicò Marbaudo.
- Che Iddio ti assista, figliuolo! E implora il suo aiuto, prima di metterti all'opera. Lo senti, Getruda? - soggiunse il vecchio, muovendo verso l'uscio della casa, dov'era la fanciulla seduta. - Questo povero nostro Marbaudo vuol morire, per guadagnar la tua mano. Che gli rispondi?... -
Getruda aveva un gran desiderio di non risponder nulla. Ma suo padre domandava, e a suo padre bisognava rispondere.
- Io gli consiglierei dì badare alla sua salute; - disse ella. - Che sono io, per meritare tanta fatica, col pericolo della vita? Se non vincerà la prova, vorrà dire che noi non eravamo nati l'uno per l'altro.
- Che ragioni son queste? - gridò il vecchio sdegnato.
- È giusto, - disse Marbaudo, frapponendosi. - Lo so bene che sarà stata la volontà di Dio. Ma egli mi ha date queste braccia, perchè io tenti di fare quanto è in poter mio. Se un altro ha da essere il vincitor della gara, sappi almeno, o Getruda, che io ti avrò contesa fino all'ultimo soffio di vita. Ed ora, il Signore ti guardi! -
Se ne andò, dette queste parole; se ne andò con la morte nell'anima. Amava disperatamente, il povero Marbaudo, e sentiva dentro dell'anima che se egli non vinceva la gara, quella era stata l'ultima volta in cui aveva veduto Getruda.
Dodone lo seguitò, e lo accompagnò un tratto di strada per consolarlo della durezza di sua figlia.
Il vecchio aldione incominciava a domandare a sè stesso che spirito maligno gli avesse generato in casa quella indiavolata ragazza.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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