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      Di un quinto, e sconosciuto, si era dubitato che potesse presentarsi in gara anche lui, perchč due sere innanzi il gran giorno, essendo egli seduto ad una panca d'osteria, e udendo parlare della grande impresa, aveva esclamato
      - Bella forza, in tre giorni! Io ho veduto il prato, e mi sentirei di falciarvelo in uno. -
      Ma a quella smargiassata gli astanti avevano fatto spallucce; ed uno di loro aveva anche soggiunto, per chiosa:
      - Affeddidio! Tu sei pių matto del Matto. -
      Lasciamo stare i discorsi dei contadini all'osteria, e andiamo a fare una visitina al canonico Ansperto, nel chiostro di Santa Maria.
      Se si volesse argomentare dall'aspetto che quell'uomo era molto contento di sč medesimo, si direbbe una grossa bugia, tanto vero che l'apparenza inganna. Sotto quell'adipe correva invece una larga vena di rammarico, e in quel rammarico fermentava giā un pochettino di rimorso.
      Il povero canonico incominciava a pentirsi di non avere parlato pių animosamente al castellano e di non aver consigliato pių risolutamente Getruda.
      Poc'anzi il vecchio Dodone era stato da lui, lagnandosi amaramente della figliuola, diventata pių stizzosa che mai.
      Di sicuro gliel'aveva stregata il castellano Rainerio; quel maledetto castellano che dal giorno dell'editto non si era pių lasciato vedere a Croceferrea. Restasse pure, non ritornasse pių; cosė non ci fosse capitato mai!
      Per altro, quella assenza dopo tanto spesseggiar di visite, voleva dire qualche cosa; voleva dire, per esempio, che Rainerio era molto sicuro del fatto suo; che aveva molto bene lavorato l'animo della fanciulla, e senza che di tanto lavoro sapesse nulla il suo confessore.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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