Frattanto, a Croceferrea non aveva più posto piede Marbaudo, che Getruda aveva trattato così male; mentre il povero ragazzo correva per lei il rischio d'esser dichiarato servo, d'aldione ch'egli era. In verità, erano servi un po' tutti, a quel tempo; anche i censuarii; ma infine vivevano sulla terra, e, dopo pagate le taglie, erano sicuri di dormire sul campo dei loro sudori; laddove il servo vero e dichiarato tale poteva esserne tratto fuori ad ogni capriccio del padrone, usato ai più umili e repugnanti uffizi, e condannato alla più dura esistenza.
Eppure, l'onesto giovane si era adattato per Getruda a correr quel rischio; era rimasto in gara, e con due scherani del castellano Rainerio. Ah, quella gara! quella gara dava una gran noia al vecchio Dodone. Non c'era egli altro modo di celebrare la bellezza di sua figlia? E c'era egli poi bisogno di celebrarla? Triste dono, la bellezza, e vero dono del diavolo, se doveva allontanare Getruda dal santo timor di Dio e dal rispetto dei parenti.
Ansperto sapeva bene donde fosse nata l'idea della gara. Ahimè! da una chiacchiera sua! Maledetta chiacchiera! Ma era fatta, e voce escita dal labbro non ritorna più indietro. Il canonico cercava di consolarsene, immaginando che la vittoria restasse a Marbaudo. L'amore fa miracoli; non poteva far quello di raddoppiare le forze del giovane falciatore? Ma il canonico Ansperto pensava ancora al castellano. Con che animo si era appigliato il castellano al partito della gara? Non certamente per favorire Marbaudo, sibbene per nuocergli.
| |
Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
|
|
Croceferrea Marbaudo Getruda Getruda Rainerio Dodone Getruda Dio Marbaudo Ansperto Marbaudo
|